A Predappio in 200 sfilano per il compleanno di Mussolini

Cripta di Benito Mussolini a Predappio

Predappio – 29 Luglio 2019 – Oggi è il Compleanno di Benito Mussolini. Circa duecento persone hanno sfilato per le vie di Predappio, nel Forlivese, per raggiungere la cripta dove è sepolto Benito Mussolini, aperta in occasione del 136/o anniversario della nascita del Duce.

Il corteo, seguito da un servizio d’ordine discreto ma attento, si è mosso dal centro della cittadina romagnola e si è fermato di fronte alla gradinata che conduce al cimitero di San Cassiano, osservando così la volontà della famiglia Mussolini che, nei giorni scorsi, aveva chiesto che tutto si svolgesse con educazione e rispetto. Non si sono registrati problemi di ordine pubblico.

    Davanti alla scalinata che conduce alla cripta – aperta oggi dalle 8.20 alle 18 – ha preso la parola il referente provinciale dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia, Mirco Santarelli il quale, rivolgendosi ai partecipanti alla commemorazione ha detto: “siamo sotto osservazione. Chi non si sente di fare il saluto romano si metta la mano sul cuore per salutare il nostro Duce”.

Propaganda Fascista – Pubblichiamo da Il Fatto Quotidiano del 13 Settembre 2017 a firma del giornalista Carlo Maria Martino

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Nello stesso giorno in cui al Senato non si raggiungono i numeri necessari per portare avanti la legge sul cosiddetto Ius soli, alla Camera passa invece con 261 voti la legge che introduce il reato di «propaganda del regime fascista». Da un lato, o meglio, in un ramo del Parlamento viene approvata una legge su cui in maniera abbastanza agevole le forze politiche di sinistra possono alzare una bandiera e rivendicarne il successo; ma, guarda caso, nello stesso giorno, nell’altro ramo viene accantonato l’iter legislativo tanto osteggiato nel lato destro degli emicicli di Camera e Senato. Win-win, si potrebbe dire, tutti contenti: Emanuele Fiano, primo firmatario, gioisce per la prima approvazione e passa la palla al Senato per la seconda lettura; il centrodestra, invece, ricorda alle altre forze politiche ed in primis al Partito Democratico che una battaglia sullo Ius soli non conviene a nessuno in vista della prossima campagna elettorale.

Senonché il ddl Fiano appena approvato in prima lettura nasce, a prima vista, malato. Il testo con cui si vorrebbe far punire la propaganda di un’ideologia ha tutta l’aria di essere, a sua volta, piuttosto che un testo normativo, una presa di posizione, l’affermazione di un principio e il tentativo di imporlo per le vie della giustizia penale. E, forse accecato dalla pur condivisibile intenzione di condannare i residui di ideologia fascista – ammettendo che ciò sia necessario – ancora più o meno latenti nel nostro paese, il legislatore sembra aver imboccato la strada di un intervento normativo a forte rischio di incostituzionalità.

La proposta di legge, infatti, introduce l’art. 292-bis del codice penale, nell’ambito dei delitti contro la personalità interna dello Stato; articolo recante «Propaganda del regime fascista e nazifascista». Con la disposizione appena passata all’esame del Senato si vuole punire chi «propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità». Pena prevista: dai sei mesi ai due anni.

Come noto, il tema di apologia del fascismo è già oggetto della famosa legge Scelba, la n. 645/1952, seguita dalla legge Mancino del 1993. La legge Scelba va a colpire «coloro che promuovano o organizzino sotto qualsiasi forma la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto regime fascista e coloro che pubblicamente esaltino princìpi, fatti o metodi del fascismo o le sue finalità antidemocratiche». Questa disposizione è stata oggetto di diversi interventi interpretativi della Corte costituzionale, la quale ha limitato l’applicabilità nel senso di andare a qualificare come penalmente rilevanti solo quelle ipotesi di apologia concretamente idonea alla riorganizzazione del partito fascista, casi di «istigazione indiretta a commettere un fatto idoneo alla riorganizzazione».

La Corte costituzionale ha così voluto limitare la portata della legge Scelba a quei soli casi in cui le condotte filofasciste abbiano una portata e caratteristiche tali da esigere l’intervento repressivo, mettendo a rischio la tenuta democratica attraverso la ricostituzione del disciolto partito fascista, vietata dalle disposizioni finali della Costituzione, di cui la Scelba era legge di attuazione.

Si è voluto, cioè, selezionare le condotte realmente cariche di offensivista. Ed è una scelta che il legislatore ha riprodotto nel 1986 nell’ambito di molti altri delitti contro la personalità dello Stato, guarda caso proprio quelli accanto ai quali la proposta di legge Fiano vorrebbe introdurre il reato di propaganda fascista e nazifascista. Con la legge 85/2006, infatti, sono state eliminate fattispecie di scarso o nullo utilizzo e altre sono state riformulate. Un esempio fra tutti l’art. 241 c.p., che richiede non più fatti diretti, ma atti violenti e idonei a «sottoporre territori dello stato […] alla sovranità straniera».

È evidente come la limitazione effettuata dalla Corte costituzionale rispetto alla legge Scelba introduca un principio, di rango costituzionale e quindi cui le leggi ordinarie devono adeguarsi, con il quale la proposta di legge a firma Fiano sembrerebbe chiaramente incompatibile. E questo lo si deduce dalla stessa relazione introduttiva della proposta, nella quale si legge che lo scopo del ddl è quello di punire fatti minori ed estemporanei, che altrimenti non sarebbero punibili, come il saluto romano. Addirittura, una pronuncia della Cassazione, richiamata da una diversa sentenza della Corte costituzionale del 1958, affermava che non poteva essere punita una condotta «quando non trattasi di atti che integrino vera e propria apologia del fascismo ma» addirittura continua la pronuncia «si esauriscono in manifestazioni come il canto degli inni fascisti, poiché si ha ragione di ritenere anche che queste manifestazioni di carattere apologetico debbano essere sostenute, per ciò che concerne il rapporto di causalità fisica e psichica, dai due elementi della idoneità ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista».

Ora, per quanto riprovevole l’ideologia fascista possa essere, quando le condotte si limitano alla sola propaganda, rientrano evidentemente nell’art. 21 della Costituzione: non solo il diritto alla libertà di pensiero, ma il diritto alla sua manifestazione. E per questo non sono censurabili, nel senso stretto del termine. La bellezza e la forza del diritto è che è uguale per tutti, anche per coloro nei cui confronti si vorrebbe volentieri fare un’eccezione: e quindi fintantoché la propaganda del regime fascista resta propaganda e, come la Consulta ha precisato nel lontano 1958, non sfocia nella concreta idoneità a ricostituire il partito fascista, non può essere punita.

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Roma, 4 lug – Non serve la legge. Emanuele Fiano, deputato Pd promotore di un disegno di legge finalizzato a sanzionare con la condanna fino due anni di reclusione chi fa il saluto romano, forse non sa che la Cassazione ha stabilito con sentenza 7 giugno 2017 l’insussistenza di ipotesi di reato nel compiere tale gesto. In questo modo la Cassazione ha fatto cadere definitivamente le accuse contro sette persone responsabili di avere messo in pratica “manifestazioni fasciste” vietate in occasione di un evento a Milano in occasione della commemorazione di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi- Dn, di Carlo Borsani, militante della Repubblica Sociale Italiana, di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù.

Chi come il sottoscritto ha partecipato a quelle commemorazioni sa infatti che le manifestazioni, certamente di carattere fascista e con una indubbia simbologia fascista (il saluto romano, la chiamata del presente e l’uso della croce celtica) sono esclusivamente rivolte ai defunti, in segno di omaggio e umana pietà e non hanno alcuna finalità di restaurazione fascista; inoltre, il corteo si svolge sempre secondo modalità ordinate e rispettose, in assoluto silenzio, senza alcun accenno a comportamenti aggressivi, minacciosi o violenti nei confronti dei presenti, senza armi o altri strumenti e senza riferimenti a lotte o rivendicazioni politiche (limitandosi lo striscione in testa al corteo a rendere “onore ai camerati caduti”).

Circostanze, tutte, che portano ad escludere che manifestazioni come quelle che si tiene annualmente a Milano o come quella tenutasi il 29 aprile scorso al Campo X del cimitero di Musocco, siano in grado di suggestionare concretamente le folle inducendo negli astanti sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista. Questa valutazione è stata fatta propria prima dal GUP di Milano e poi dalla Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dal PM. Insomma il rito del presente ed il saluto romano sono leciti e non violano alcun diritto: quel che la legge reprime sono i gesti idonei a determinare il pericolo di ricostruzione di organizzazioni fasciste.

(link al testo integrale della sentenza della Corte Suprema di Cassazione)

Gino M.D. Arnone (Avvocato)

Dopo Tsipras tocca all'”Alba Dorata” L’estrema destra greca cresce e punta al potere

Alba Dorata. In un momento in cui la Grecia è sotto i riflettori di tutto il mondo i media internazionali sono concentrati sugli effetti che l’esito del referendum potrebbe avere sulla politica europea. Meno alba-dorata-punta-al-potereattenzione è stata posta alle possibili conseguenze per la politica interna della Grecia. Un paese in cui stanno prendendo sempre più piede i gruppi ultra-nazionalisti che, grazie alle loro posizioni anti-europeiste e alle difficoltà incontrate da Tsipras, potrebbero ottenere il sostegno di grandi fette di elettorato.

Alba Dorata, terzo partito del paese che esprime 17 parlamentari e definito dalla stampa nazionale come neo-nazista, è stato l’unico oltre a Syriza che all’interno del parlamento a votare a favore dell’approvazione del referendum proposto dal governo. I media ellenici hanno lanciato l’allarme quando immediatamente dopo è stato scarcerato Ilias Kasidiaris, il portavoce che da un anno era in prigione in attesa di processo per banda armata. Secondo i giornali la sua liberazione sarebbe una concessione fatta dal governo Tsipras ad Alba Dorata in cambio del suo sostegno alla causa del No.

Vicini al segretario di Alba Dorata Nikolaos Michaloliakos, Kasidaris viene descritto come uno dei dirigenti più carismatici e più amati dai giovani. Nel 2012 passò alle cronache per avere picchiato in diretta un’avversaria politica durante un talk-show televisivo . Fatto che destò molto scandalo ma che non gli impedì di venir eletto all’interno del parlamento greco con un record di preferenze. Intervistato dall’Espresso il giorno dopo la sua liberazione Kasidaris si dice pronto a riprendere il suo ruolo per approfittare dell’instabilità del Paese e del suo premier oltre che dell’astio della popolazione verso la Ue. L’obiettivo è di fare diventare Alba Dorata il primo partito nazionale combattendo i suoi grandi nemici: “la globalizzazione, l’oligarchia finanziaria, le multinazionali, le banche, la Ue, l’ateismo, i matrimoni gay, l’ invasione straniera, l’islamizzazione, la Turchia”.

In molti dicono che in caso di vittoria del Si Tsipras si indebolirebbe e voi vi rafforzerete molto. E’ vero?
Sicuramente Alba Dorata aumenterebbe i propri consensi, perché siamo l’unico partito che in Grecia sia rimasto sempre coerente. Tutti gli altri hanno cambiato posizioni: la Nuova Democrazia, che è l’ex partito di maggioranza che era conservatore e ora è totalmente appiattito alla troika; il Pasok che è un finto partito socialista filo europeo; anche Syriza, che solo in questi ultimi giorni ha cambiato più volte atteggiamento nei confronti dei creditori. Al contrario Alba Dorata ha sempre sostenuto le stesse posizioni, nonostante le persecuzioni politiche e andando avanti così sempre più greci stanno capendo che siamo gli unici di cui ci si può fidare.

Alba Dorata e Syriza sono gli unici partiti ad essere per il no al referendum. Può essere l’inizio di nuove collaborazioni?
E’ piu probabile che il governo italiano collabori con gli jihadisti dell’IS che Alba Dorata con Syriza. Syriza è un partito di traditori che fa parte di questo sistema corrotto e la sua ideologia miserabile è pericolosa per la nazione. Non c’è nessuna differenza tra Tsipras e chi lo ha preceduto al governo e non a caso tutti i partiti sono ostili ad Alba Dorata allo stesso modo. Basta guardare la nostra storia giudiziaria. Il partito che governava prima, la Nuova Democrazia, ha organizzato un complotto contro di noi e Syriza l’ha sostenuto con tutte le sue forze, votando per togliere immunità ai nostri parlamentari senza che vi fosse alcuna base legale per farlo. La conseguenza di questa mancata osservanza delle leggi ha portato alla mia carcerazione. Sono il primo cittadino al mondo che è stato carcerato per possesso d’ armi da caccia, perché avevo in casa un fucile regolarmente denunciato alla polizia.

La stampa greca ha scritto che la sua scarcerazione sia una concessione di Tsipras per avervi dalla sua parte in questi giorni difficili.
E’ falso. Ero in carcere senza motivo e sono stato liberato esattamente 12 mesi dopo perché la legge dice che per stare di più in carcere servirebbe una documentazione specifica. E’ una totale coincidenza che ciò sia avvenuto in concomitanza del referendum.

Se come dice Alba Dorata è destinata ad avere sempre più consenso vi serve un programma alternativo a quello di Syriza. Come vi sareste comportati durante le trattative con i creditori?
Fin da subito il mio partito ha criticato il modo in cui Tsipras e Varoufakis trattavano. O meglio facevano finta di trattare, quando in realtà sono andati in giro per l’Europa a farsi prendere in giro mettendo la Grecia in una posizione ancora peggiore di prima. Avrebbero dovuto progettare misure drastiche all’interno del paese invece di andare fuori a farsi ricattare.

Siete dunque favorevoli all’uscita dall’eurozona?
Non come primo obiettivo. Uscire immediatamente dall’euro, come forse avverrà dopo il referendum, farebbe patire la fame ancora di più al nostro popolo. L’uscita della Grecia dall’euro non è l’obiettivo immediato del mio partito. Il ritorno alla moneta nazionale si basa su una produzione primaria forte che in questo momento il Paese non possiede. Le prime misure che adotteremmo sarebbero volte alla ricostruzione della produzione del Paese, contro lo sfruttamento delle fonti di ricchezza. Soprattutto il petrolio e il gas naturale che si trova nella nostra terra.

Qualora domenica vincesse il no la Grecia si troverebbe ancora più isolata a livello nazionale. Alba Dorata ha degli alleati internazionali con cui cerchereste di spezzare l’isolamento?
Siamo disposti a collaborare con tutti i partiti e movimenti nazionalisti d’Europa. Vogliamo collaborare con chiunque abbia problemi in comune da risolvere e rifondare insieme l’Europa delle nazioni e delle tradizioni. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, abbiamo rapporti politici con la Lega Nord, con cui collaboriamo all’interno del parlamento europeo basandoci su posizioni che abbiamo in comune.

Che sono?
La lotta a favore della la sovranità nazionale e popolare e il contrasto all’invasione straniera, all’islamizzazione e all’ingresso della Turchia in Europa.

Articolo a cura di DI LUCA STEINMANN de “L’espresso”

Il Faro Mussolini – Riportiamo di seguito l’articolo apparso e pubblicato su ilprimatonazionale.it a firma di Carlomanno Adinolfi

il-faro-mussoliniMogadiscio, 6 lug – Un elicottero della Marina Militare è in volo di ricognizione sulla punta del Corno d’Africa. A bordo Alberto Alpozziun fotoreporter inviato per realizzare un reportage sulla missione internazionale contro la pirateria delle coste somale, inquadra con il suo teleobiettivo le terre sottostanti. Ed ecco apparire improvvisa e inaspettata una torre di pietra, alta 20 metri e a forma di fascio littorio, che svetta proprio sul capo che delimita il Golfo di Aden dall’Oceano Indiano. È abbandonata, lasciata all’incuria e alla furia degli elementi, eppure si staglia ancora verso l’alto, come una sfida titanica ed eroica contro l’oblio e contro il tempo. Alberto Alpozzi ne rimane subito colpito, affascinato. Chi l’ha costruita? Chi l’ha messa lì? Qual è la sua storia e perché è stata dimenticata? Da queste domande nasce la sua ricerca sulle origini di quel misterioso e austero monumento, culminata finalmente nella pubblicazione de Il Faro di Mussolini 001 Edizioni, 192 pagine, € 18.00 – un libro documentatissimo che ricostruisce nei dettagli la storia del Faro Francesco Crispi di Capo Guadafui. Ma il faro è solo il punto di partenza, una sorta di motore immobile che muove tutto il libro, perché intorno ad esso vengono raccontate tantissime altre storie, alcune conosciute, altre meno, altre ancora dimenticate.

 

 
 

 

Alberto Alpozzi pennella in maniera sintetica ma comunque esaustiva tutta l’esperienza coloniale italiana in Somalia a partire dal 1889, contestualizzandola nello scenario internazionale che con l’apertura del Canale di Suez cambia totalmente le prospettive e gli obiettivi delle nazioni europee. Prima ancora di arrivare alla storia effettiva del faro, Alpozzi rievoca lo scontro tra gli eredi dei Mille – Francesco Crispi su tutti – e i burocrati dell’italietta liberale. I primi uomini d’azione, sognatori e avventurieri che volevano portare l’Italia ad essere protagonista attiva della storia e farla affacciare in Africa per non perdere i nuovi sbocchi portati dall’apertura del canale di Suez, i secondi invece tecnocrati reazionari spaventati da ogni rischio e da ogni nuova avventura, che preferiscono l’attesa passiva all’azione. I discorsi di Crispi davanti al parlamento per spingere l’Italia in Africa richiamano subito al lettore i toni e le parole che meno di mezzo secolo dopo avrebbero caratterizzato i discorsi mussoliniani e bastano quelle poche righe riportate dall’Autore per mettere un punto definitivo alla polemica su chi effettivamente siano stati gli eredi del Risorgimento. Ma il libro è anche la rievocazione e il ricordo degli avventurieri ed esploratori italiani che con il loro esempio e spesso anche con il loro sacrificio hanno aperto la strada per il Corno d’Africa – e anche qui notiamo come i primi furono proprio eroi del Risorgimento, da Nino Bixio a Manfredo Camperio – e dei comandanti e dei soldati che hanno difeso il capo Guadafui dalle incursioni dei banditi che per anni hanno terrorizzato le navi di ogni nazione che si affacciavano in quel pericolosissimo sbocco verso le Indie.

faro-mussolini-etiopiaMa forse l’aspetto più interessante del libro sul Faro di Mussolini  è l’analisi del ruolo italiano in Africa, dapprima timido e a tratti incompetente anche se coraggioso e poi totalmente rivoluzionato con l’avvento del Fascismo, che per primo risolse il trentennale problema della costruzione del faro sul capo di Guadafui – intitolato proprio a quel Francesco Crispi che volle l’Italia in Africa – e che da anni veniva richiesto da tutte le nazioni europee che in quel punto perdevano navi, uomini e investimenti. Nella seconda parte del libro Alpozzi esamina tutti i lavori tecnici, urbanistici, stradali e tutte le opere e infrastrutture che il governo mussolinano realizzò in Somalia, trasformando un paese inospitale e temuto da tutte le nazioni in un vero e proprio faro – anch’esso – di tutto il mondo coloniale tanto da diventare meta per crociere turistiche e per studiosi. L’elenco di dati, minuziosamente riportati dall’Autore, sulle opere italiane in Somalia e sulla politica adottata per far progredire la Somalia basta da solo a demolire anni di slogan usati dalla vulgata che ha voluto demonizzare il comportamento italiano in Africa. Come anche le parole di un inglese, tutt’altro che fascista, come Evelyn Waugh che dopo il suo viaggio in Abissinia nel 1936 ebbe a dire “l’idea di conquistare un Paese per andarci a lavorare, di trattare un Impero come un luogo dove bisogna portare delle cose, un luogo che deve essere fertilizzato, coltivato e reso più bello invece che un luogo da cui le cose è possibile portarsele via, un luogo da depredare e spopolare. L’idea di lavorare invece che starsene sdraiati a oziare come padroni, tutto questo era estraneo ai pensieri inglesi, e invece è il principio che sta alla base dell’occupazione italiana“. Come dice lo stesso Alberto Alpozzi, “le parole dell’inglese non necessitano commenti”.

La storia del Faro Francesco Crispi, il “Faro di Mussolini” che dà il titolo al libro, diventa quindi un’allegoria della storia italiana in Africa, una storia di avventurieri folli e forse anche impreparati ma armati di coraggio e volontà, derisi da burocrati e politicanti, che hanno aperto la strada a chi ha voluto fare della propria nazione un Impero che fosse soprattutto un faro per i propri popoli e per quelli vicini. Un faro poi abbandonato, vituperato, dimenticato ma che resta ancora in piedi, a sfidare il tempo e gli elementi e che orgoglioso e indomito si innalza ancora per ricordare a tutti che basta poco per riaccendere il fuoco e illuminare ancora una volta il caos che ha preso il sopravvento dopo la vittoria dei “liberatori”.

 

EDITORIA: ESCE ”L’ULTIMO SEGRETO DI MUSSOLINI”
IL LIBRO DI DI MICHELE SULLA LIBERAZIONE DEL DUCE

ultimo-segreto-di-mussoliniL’AQUILA – ”Il governo italiano fu, nei fatti, il vero artefice della creazione della Repubblica Sociale” (da: L’ultimo segreto di Mussolini).

È la conclusione cui giunge Vincenzo Di Michele, nel suo ultimo libro, L’ultimo segreto di Mussolini, che riscrive la storia della liberazione del Duce da parte dei tedeschi.

Di Michele aveva già affrontato questo snodo controverso della storia italiana in Mussolini, finto prigioniero al Gran Sasso, edito nel 2012.

”Si poteva porre fine molto prima  alla sofferenza del popolo italiano ed evitare una sanguinosa guerra intestina. –afferma Di Michele– Un governo dell’Italia del nord (RSI) alla cui guida ci fosse stato un altro personaggio, di certo, non avrebbe avuto lo stesso seguito di Mussolini”.

Nonostante l’8 settembre 1943 l’Italia avesse annunciato l’armistizio con le Forze Alleate, c’era un altro tavolo, non ufficiale, dove il governo Badoglio continuò a collaborare con il vecchio amico tedesco.

Tra ricatti, ostaggi, minacce e sotterfugi, l’illustre prigioniero Mussolini fu così sottratto agli Alleati e consegnato ai tedeschi il 12 settembre a Campo Imperatore.

Di Michele contraddice, insomma, la vulgata che ha sempre dipinto l’Operazione Quercia come impresa epica da parte dei paracadutisti tedeschi.

Karl Radl (l’aiutante di colui che erroneamente è stato sempre considerato il vero artefice dell’ “Operazione Quercia”, il capitano Otto Skorzeny) in netta contraddizione con la testimonianza del generale Soleti, – vergata nel 1944 e venuta recentemente alla luce –  dichiarò che tutti sapevano che Mussolini era tenuto prigioniero a Campo Imperatore.

Persino i bambini ne erano a conoscenza. Addirittura ci fu un pastorello di tredici anni che trafugò alcuni armamentari dagli alianti tedeschi: ”Alla resa dei conti si trattò di un accordo tra gli italiani e i tedeschi e il prezzo più caro l’ha pagato proprio la storia”- sottolinea Di Michele.

Tra gli inediti e le nuove testimonianze, c’è anche l’agente Nelio Pannuti, addetto alla sorveglianza personale di Mussolini al Gran Sasso, il quale in una dichiarazione scritta rilasciata proprio all’autore del libro, affermò senza mezzi termini che quell’incursione dei tedeschi ”sembrava proprio un’azione concordata, tant’è che, una volta liberato il Duce, ci fu un momento conviviale tra soldati italiani e tedeschi nella sala dello stesso albergo, tutti con le armi in spalla pacificamente”.

”Per non parlare del favoritismo governativo nel riaggiustamento storico. – conclude Di Michele – Il comandante dei carabinieri al Gran Sasso, Alberto Faiola, fu pure encomiato nel suo foglio matricolare, quando al contrario questi non solo non predispose alcuna misura cautelativa, ma venne anche meno ai suoi doveri, tanto che ci fu anche un’azione giudiziaria volta a smentire il tutto, invitando alcuni suoi amici proprio in quei giorni all’albergo di Campo Imperatore”.

L’ultimo segreto di Mussolini  editore Il Cerchio, è disponibile anche in lingua inglese con il titolo The Last Secret of Mussolini – From Campo Imperatore to the Italian Social Republic: a story to be rewritten.

BIBLIOGRAFIA DI VINCENZO DI MICHELE (autore del libro L’ultimo segreto di Mussolini)

Già autore di La famiglia di fatto (un’analisi sulle tematiche della convivenza more uxorio);Io prigioniero in Russia (oltre 50.000
copie vendute e vincitore di premi alla memoria storica); Guidare oggi (un manuale di guida per le insolite problematiche stradali); Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso (una revisione dei fatti storici sulla prigionia del Duce a Campo Imperatore nel settembre 1943).

E ancora: Pino Wilson, vero capitano d’altri tempi (2013), la biografia ufficiale dello storico calciatore della Lazio campione d’Italia nel 1974; Come sciogliere un matrimonio alla Sacra Rota (2014), un’inchiesta dettagliata sull’iter di annullamento dei matrimoni innanzi ai Tribunali ecclesiastici.

Articolo preso e pubblicato da abruzzoweb.it

TRA VIA MILANO E VIA VALLECAMONICA

Forza Nuova e Magazzino 47, doppia manifestazione blindata

26 giugno 2015 (da giornaledibrescia.it prendiamo e riportiamo)

Gli annunciati fuochi d’artificio ci sono stati, ma non quelli degli scontri. Piuttosto i botti scenografici che hanno siglato il termine della contromanifestazione del Magazzino 47. Dunque il presidio di Forza Nuova contro la politica dell’accoglienza versi i profughi, ieri sera davanti all’Albergo Milano, all’imbocco di via Vallecamonica, si è consumato pacificamente. Anche grazie alla presenza massiccia delle forze dell’ordine: 150 tra agenti di Polizia, Carabinieri e Vigili hanno garantito che le due fazioni non giungessero nemmeno al contatto visivo. Scarsa invece la partecipazione in entrambe le file: una cinquantina i militanti di Forza Nuova con bandiere e qualche bengala da stadio, una settantina circa una settantina gli antagonisti, con qualche cittadino straniero che si è accodato nel lento incedere del corteo lungo via Milano, fermatosi prima del ponte sulla tangenziale.

IL MENSILE “STORIA IN RETE” PUBBLICA UN NUOVO DIARIO DI MUSSOLINI. LE ANTICIPAZIONI

26 giugno 2015, Micaela Del Monte (articolo sul Nuovo Diario di Mussolini preso e riportato da intelligonews.it)

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Sfiduciato, depresso e consapevole della fine. Un uomo amareggiato, preoccupato e pieno di rimpianti. Un dittatore che soffre per la     fine della guerra, ma soprattutto per come questa ha fatto il suo corso. Sfoghi e parole dure contro Rommel, Roosvelt, Churchill ma soprattutto Hitler.

Parole di consapevolezza e smarrimento allo stesso tempo. Un’immagine un po’ più umana di un uomo che ha fatto il bene e il peggio per il suo Paese.

È questo quello che emerge da quello che può essere un nuovo diario mussoliniano i cui estratti verranno pubblicati sabato dal mensile “Storia in Rete” di Fabio Andriola e che IntelligoNews ha avuto in anteprima. Il documento, mai emerso fino ad oggi, è di proprietà di un collezionista svizzero che non ha chiesto alcun corrispettivo per la consultazione e la parziale pubblicazione di questo diario autografo che traccia un profilo diverso e introspettivo di Benito Mussolini.

Non a caso le ultime parole di questo diario, datate 31 dicembre 1942, parlano della fine, del baratro, del vuoto: “Sotto di me si è aperto un precipizio” scriveva, conscio forse che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti da uomo libero ma vuoto.

Il lungo articolo il direttore di “Storia in Rete” tratta le vicende di questa agenda anche in relazione al celebre caso di falsificazione scoperto a Vercelli nell’agosto del ’57 quando due donne (Amalia e Rosetta Pavesi) vennero trovate in possesso di numerosi documenti attribuiti a Mussolini. Documenti falsificati dalle due donne a scopo di lucro ma che poi si verificarono “copiati” da documenti originali consegnati loro da Paolo Zerbino, allora ministro degli Interni della Rsi e uomo di fiducia di Mussolini.

Grazie a quest’ultimo ritrovamento è stato possibile confrontare le stesse giornate delle due agende e la sorpresa è stata che molti testi sono sostanzialmente identici. I testi copiati dalle Pavesi sarebbero dunque derivanti proprio da quest’ultimo diario. La differenza sta nella grafia con cui sono state redatte le due agende: quello in possesso delle due donne è troncato in alcuni punti poiché le parole da scrivere erano maggiori dello spazio a disposizione e questo perché il modo di scrivere (o meglio copiare) delle due donne, o degli eventuali tipografi, era più ampia e allungata rispetto all’originale di Mussolini decisamente più minuta e serrata.

Le similitudini fanno dunque pensare che del Diario 1942diario-mussolini-vecchio-diario-mussolini-nuovo sono esistite due versioni: o i Panvini fecero due copie, cosa improbabile e rischiosa nel caso di vendita a due diversi acquirenti, o esistevano degli originali. Tesi questa che rende assolutamente credibile la possibilità che questo ultimo ritrovamento sia stato scritto direttamente dalla penna di Benito Mussolini. Le Pavini avrebbero quindi copiato da un originale capitato per caso in loro possesso, così si evince anche da una lettera scritta da Amalia ad un’amica nel settembre del 1975: “Egli però non dice tutto (…) dal possedere noi una cosa di cui nessun altro può pensare di avere il possesso. Di avere una ricchezza che potrebbe sconvolgere la mente a tanti. Ed io onestamente quando seppi il valore di quel materiale corsi a dirglielo fiduciosa e serena…”.

Parole queste che sembrano provenire da chi si rende conto di avere tra le mani una ricchezza e non di chi sembra averla creata ex novo. Insomma, quella finita tra le nostre mani potrebbe essere un’eredità enorme e forse anche uno dei pochi veri diari personali di Mussolini in nostro possesso.

Nel numero di “Storia in Rete” di fine luglio verranno pubblicati altri stralci del Diario inedito del ’42 assieme al commento di alcuni esperti.

Roma, a Villa Torlonia riecheggia la voce di Benito Mussolini. L’artista Nasan Tur progetta una mostra per le stanze e il bunker del Duce

Una mostra per il Duce è scritto da | venerdì, 26 giugno 2015  (Articolo preso e qui riportato da artribune.com)

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La storia è nota. La splendida villa di via Nomentana, che appartenne alla famiglia Pamphilj, poi ai Colonna e infine, nell’800, ai Torlonia, negli anni Venti del secolo scorso divenne residenza ufficiale di Benito Mussolini, che vi si trasferì con moglie e figli tra il 1925 e il 1943. A invitare il Duce fu il principe Giovanni Torlonia Junior, contraccambiato con l’affitto simbolico di una lira: il padrone di casa si trasferì alla Casina delle Civette mentre gli ospiti eccellenti presero possesso del Casino Nobile. Nei sotterranei, là dove furono ritrovate delle catacombe ebraiche del terzo e del quarto secolo, Mussolini e Torlonia costruiscono un rifugio contro i bombardamenti.
Oggi, in questo luogo denso di memoria – nel 1978 acquisito dal Comune e tramutato in parco pubblico – l’artista tedesco Nasan Tur presenta un nuovo progetto, concepito proprio sulle tracce degli echi e delle storie intercettate in loco.
L’idea nacque nel 2014, nel corso di una residenza romana: l’artista trascorse lunghi periodi nella Villa, lasciandosi rapire dalla bellezza dei giardini e degli ambienti sontuosi, ma soprattutto dalle fitte stratificazioni di senso, di voci, di vicende tragiche e di relazioni.
Ne è nato “L’ombra della luce”, progetto site specific pensato per il piano terra, il primo piano e il bunker del Casino Nobile. Curata da Pierpaolo Pancotto, la mostra rivela una natura squisitamente sonora, concentrandosi intorno alle registrazioni di alcuni discorsi del Duce. Quanto e come agiscono sulle masse timbro vocale, intonazione, espressione, comunicazione di soggetti con personalità magnetiche? Da qui parte Nasan Tur, che interessato allo studio delle figure carismatiche e agli aspetti salenti della retorica politica, trasforma il contenuto di preziosi nastri in sequenze sonore. L’antica dimora mussoliniana diventa così uno spazio multimediale, tra performance musicali, video e installazioni audio.

– Helga Marsala-

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